venerdì 17 giugno 2011

Damon/Elena/Katherine – Solo per te



Solo per te, convinco le stelle
a disegnare nel cielo infinito qualcosa che somigli a te.

Un altro bicchiere di scotch, un sorso di puro alcool scese giù per la gola, un'altra pena in più da abbattere, un altro muro. Alzai il braccio, sperando che qualcuno me ne portasse un altro, e la barista si affrettò a versare.
Fiumi di alcool. Non avevo mai creduto di poterla rivedere, anche se non era Katherine, lui l’aveva trovata prima di me. 
E se avesse incontrato prima me?, mi chiesi. Magari mi avrebbe amato, magari non avrebbe scelto ancora una volta Stefan. Chiusi gli occhi, assaporando l’ennesimo sorso di scotch scendere giù per la gola, e pensai a Katherine. Centocinquant’anni e ancora non era riuscito a far nulla per salvarla, per riportarla da me.
“Versa ancora”, dissi alla barista, un po’ sospettosa, e lei non se lo fece ripetere due volte. 


Solo per te, io cambierò pelle
Per non sentir le stagioni passare senza di te.

Mi alzai dal bancone del bar ancora quasi del tutto sobrio e mi diressi verso l’uscita. L’alcool non era riuscito a lenire il dolore, lo squarcio che mi dilaniava il cuore, non era riuscito a salvare qualche malcapitato. Non sarebbe bastato quella sera.
Il suo viso mi apparve davanti agli occhi, offuscandomi la vista, guardai in alto, il cielo pieno di stelle, la luna piena.
Se solo potessi godermelo davvero, pensai. Abbassai gli occhi e mi diressi a passo spedito verso il parcheggio.

“Senti, hai da accendere?”, domandai a un uomo, sulla trentina. La mia prossima vittima.
Prima che potesse rispondere gli afferrai il collo e cominciai a succhiargli via l’anima, privandolo della linfa che lo teneva in vita. Per un attimo mi fermai, i suoi occhi impauriti, la sua bocca aperta in una smorfia di dolore, incapace di parlare, mi fece quasi titubare, avrei potuto non ucciderlo, avrei potuto salvarlo, per quella sera. poi il sangue cominciò a uscire a fiotti dal suo collo. Fu tutto molto veloce, i miei occhi si ricoprirono di rosso e io impazzii. Non sarebbe sopravvissuto, non quella sera. Finii e trascinai il corpo fino al marciapiede, vicino alla sua macchina.
Mi pulii la bocca, sporca di sangue, e mi avviai verso la strada, incurante di tutto. Non sapevo dove andare, ma sarebbe stato lontano dall’umanità. Dalla mia umanità.


Come la neve non sa, coprire tutta la città
Come la notte non faccio rumore se cado è per te.

Il passo sottile, felpato, i suoi occhi chiusi, di fronte a me. È Katherine, non c’è niente di diverso in lei. Eppure è così, sbagliata, pensai, guardandola stesa, tra le coperte, nel suo letto. Katherine era una donna, Katherine, quella che decideva, quella che sapeva quello che faceva e perché lo faceva. Elena appare come una bimba in confronto.
“Non andartene”, sentii mugugnare nel sonno, mi accorsi del suo viso rilassato, felice. Katherine non aveva quel viso.
Lentamente allungai una mano in direzione di quel viso, preciso a quella donna, tanto perfetta quanto sbagliata.
Lo sfiorai lentamente e sentii un movimento impercettibile sotto il tocco della mia mano. La feci scorrere giù per tutta la guancia e poi volai via. Veloce come ero arrivato.



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